Solo se si rinnova il lavoro, il sistema previdenziale ha le possibilità di sostenersi per il futuro
Per le pensioni serve una riforma strutturale, un rinnovamento che comprenda fisco e lavoro, soprattutto per il futuro. Su Conquiste del lavoro del 12 luglio, un articolo di Ilaria Storti ricorda i temi che sono già sul tavolo, come il probabile rinnovo di Ape sociale e Opzione Donna. Proprio il 13 luglio Inps ha presentato il XXI rapporto annuale alle parti sociali, mentre il 12 luglio il premier Draghi aveva incontrato Cgil Cisl e Uil per un confronto su temi del carovita. La posizione della Cisl è nota: il segretario generale Luigi Sbarra ha parlato più volte di un patto sociale, che venga incontro a bisogni di diverse fasce sociali e di differenti generazioni.
Ilaria Storti scrive che
“secondo un calcolo Inps, con 30 anni di contributi versati e un salario di 9 euro lordi l’ora, un lavoratore potrebbe avere una pensione a 65 anni di circa 750 euro. Per invertire la rotta servirebbero salari più alti, continuità lavorativa e una maggiore diffusione della previdenza complementare. E serve alzare il tasso di occupazione.”
Per le pensioni serve una riforma strutturale: la posizione del sindacato
L’attenzione dei sindacati si concentra, dunque, sulle pensioni di adesso, per le quali servono riduzione fiscale e garanzia del potere di acquisto, ma anche sulle pensioni future. È intervenendo sulle forme attuali del lavoro, sull’ammontare dei salari, sul precariato che si possono porre le basi di un sistema previdenziale solido per i prossimi anni.
La piattaforma unitaria di Cgil, Cisl e Uil chiede di partire dai 62 anni di età o con 41 anni di contributi a prescindere dall’età, senza penalizzazioni per chi ha contributi prima del 1996. Propone anche una pensione di garanzia per i giovani e l’allargamento della platea dell’Ape sociale.
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