Il 17 febbraio ultimo scorso sono stati pubblicati i report che evidenziano le condizioni di vita dei pensionati e della spesa pensionistica con rilevazioni assunte dal 2018 al 2019 e comparate con anni precedenti.
Il quadro che si delinea conferma il trend che da anni costituisce il mondo pensionistico italiano con una novità che contraddice, però, molti luoghi comuni allarmistici come l’aumento vertiginoso della spesa pensionistica che mina il PIL e la ricchezza del paese o l’aumento dei pensionati che diventeranno in maggioranza rispetto ai lavoratori.
Bene tra il 2018 e il 2019 la spesa pensionistica è salita solo dello 0,2%, era il 16,6 nel 2018 ed è diventata dello 16,8% nel 2019.
Anche il numero dei pensionati segue lo stesso trend.
Nel 2019 sono 16 milioni i beneficiari stabili rispetto al 2018 e il rapporto tra numero di pensionati e occupati è di 686 beneficiari ogni 1.000 lavoratori (era 757 nel 2000, primo anno della serie storica analizzata).
Dal 2012, anno della riforma Fornero, il rapporto tra pensionati che hanno versato i contributi e i lavoratori che li versano scende a 602 ogni 1.000 lavoratori, diminuendo di quasi 6 punti percentuali nei sei anni successivi alla riforma del sistema pensionistico.
Come affermano recenti studi del Ministero dell’Economia e Finanza, l’incidenza della spesa pensionistica sul PIL dimostra questi aspetti per la presenza di due cambiamenti strutturali che produrranno i loro effetti e si completeranno nei prossimi decenni: da un lato, la transizione demografica conseguente al pensionamento e alla successiva scomparsa delle coorti dei baby boomers; dall’altro, il passaggio a regime del criterio interamente contributivo per il calcolo delle pensioni previsto dalle regole della “riforma Dini”. Flash n. 2/2020 “Cambiamenti nelle proiezioni di medio-lungo termine della spesa pensionistica in Italia”
Va considerato poi che la gran parte della spesa per le pensioni (273 miliardi, 90,6% del totale, 15% del Pil) è destinata alle pensioni non coperte da contributi versati, ma finalizzate all’assistenza quali invalidità, vecchiaia e superstiti (IVS). Tra queste, più di due terzi (67,4%) sono pensioni di vecchiaia e anzianità che assorbono il 79,2% della spesa previdenziale.
Ampie, però, sono ancora le disuguaglianze di reddito tra i pensionati. Il 42,3% della spesa va al quinto più ricco tra loro con un gap marcato a svantaggio delle donne che vivono più a lungo, ma sono più povere. Nel 2018 il 15,9% delle famiglie di pensionati è a rischio povertà. Nel 2019 diminuisce la spesa pensionistica per le donne che ricevono il 43,9% (44,1% nel 2018) della spesa complessiva e sono in maggioranza sia tra i titolari di pensioni (55,2% nel 2019 e 55,5% nel 2018) sia tra i beneficiari (51,9% nel 2019 e 52,2% nell’anno precedente).
In media, l’importo di una pensione di una donna è più basso rispetto a quello riservato agli uomini per lo stesso tipo di pensione. In particolare, per le pensioni di vecchiaia le donne percepiscono in media 7.783 euro annui in meno degli uomini (-36,1%) per effetto del divario retributivo pregresso.
Lo svantaggio per le donne è dovuto alla minore partecipazione al mercato del lavoro, assieme al differenziale salariale, nonché alla presenza di carriere contributive più brevi e frammentate. Considerando la natura dei trasferimenti diminuisce ancora di più la quota degli importi di pensioni da lavoro. Alle donne va il 42,6% della spesa per pensioni Invalidità, Vecchiaia e Superstiti (IVS) e il 60% di quella assistenziale. Rispetto alla distribuzione del reddito, il 66,3% delle donne non supera i 1.500 euro mensili (il 43,2% si colloca nella fascia inferiore a 1.000 euro). Il divario di genere è massimo nella classe di reddito più alta (3.000 euro e più) dove ci sono 262 pensionati ogni 100 pensionate. Le donne si collocano più frequentemente nel segmento più povero della distribuzione dei redditi pensionistici mentre la presenza degli uomini cresce all’aumentare del reddito. Una pensionata su quattro (24,4%) appartiene al quinto più povero, ma solo il 13,3% si colloca in quello più ricco; per gli uomini, invece, tali quote si attestano, rispettivamente, al 15,2% e al 27,2%. Il quinto di donne con redditi pensionistici più bassi percepisce annualmente fino a 7.200 euro, tra gli uomini tale soglia è quasi 2.400 euro più alta *.
Ma oggi i pensionati si sentono ancora forza attiva. Nel 2019, secondo la Rilevazione ISTAT sulle forze di lavoro, i pensionati da lavoro che percepiscono anche un reddito da lavoro sono 420 mila, in aumento rispetto al 2018 (+3,6%). Tale aggregato è composto principalmente da uomini (oltre tre casi su quattro), da residenti nelle regioni settentrionali (in due casi su tre) e da lavoratori non dipendenti (in circa l’85% dei casi). Le attività retribuite le fanno soprattutto gli uomini, le donne pensionate attive fanno volontariato, lavoro non retribuito. Circa la metà dei pensionati occupati ha al massimo la licenza media (è il 30,4% per il complesso degli occupati),* tre su dieci possiedono un diploma mentre il segmento dei laureati rappresenta oltre un quinto del totale.
Nel 2018, la metà delle famiglie con pensionati ha un reddito netto inferiore ai 24.780 euro (2.065 euro mensili), valore mediano che scende a 21.445 euro nel Mezzogiorno, mentre si attesta intorno a 27.800 euro nel Centro e a 25.830 euro nel Nord. *
Le famiglie con pensionati presentano un reddito mediano più basso rispetto a quello delle famiglie senza pensionati. Nonostante questo, la presenza di un pensionato in nuclei familiari “vulnerabili” con la presenza di genitori soli o figli adulti disoccupati, riduce sensibilmente l’esposizione al rischio di povertà, rispettivamente dal 32,8% al 15,1% e dal 32,9% al 15,3%. *
Le più vulnerabili sono costituite da pensionati senza redditi da lavoro che vivono assieme ad altri membri, mogli o figli o altri parenti non occupati (34%).
Non va dimenticato poi il divario territoriale: le famiglie dei pensionati del Sud e delle Isole presentano un’incidenza del rischio di povertà quasi tre volte superiore a quella delle famiglie residenti nel Nord e più che doppia rispetto a quelle del Centro, incidenza che colpisce maggiormente sempre le donne, visto la maggiore presenza della loro presenza tra i pensionati.
*Statistiche ISTAT –Report 22 febbraio 2021
Nadia Bertin
Coordinamento Donne
24/2/2021