Al convegno on line sulla medicina di genere organizzato dal coordinamento donne della FNP delle Marche il 22 marzo scorso si è fatto il punto sull’applicazione della Legge n. 3 dell’11 gennaio 2018 che prevede la costituzione presso ogni regione di appositi Piani per la promozione della Medicina di Genere (d’ora in poi MG) e le attività di supporto svolte dal Ministero della salute.
Contrariamente al senso comune, la Medicina di Genere non è diagnosi e terapia per le donne e fatta da medici donna, ma, come afferma l’Organizzazione Mondiale della Sanità, la “medicina di genere è lo studio dell’influenza delle differenze biologiche (definite dal sesso) e socio-economiche e culturali (definite dal genere) sullo stato di salute e di malattia di ogni persona”.
E’ per tutti e tutte e ne abbiamo bisogno tutti e tutte, in particolar modo oggi dove gli sforzi sono mirati alla medicina di precisione e terapie personalizzate. L’approccio alla salute della Medicina di Genere permette di osservare differenze rilevanti tra i sessi nella frequenza, nei sintomi, nella gravità di numerose malattie così come nella risposta ai trattamenti terapeutici e nelle reazioni avverse ai farmaci. E proprio la valorizzazione delle differenze di genere in ambito sanitario e della prevenzione consente di assicurare ad ogni individuo la migliore cura tramite la medicina, le terapie e la garanzia di percorsi diagnostico-terapeutici appropriati.
Il 13 giugno 2019 il Ministero della Salute approva e diffonde tra le regioni le Linee Guida per l’elaborazione del Piano per l’Applicazione e la Diffusione della Medicina di Genere, a cui si affianca la costituzione di Osservatori dedicati alla Medicina di Genere e referenti a livello centrale e regionale per assicurare l’avvio e il monitoraggio delle azioni previste dal Piano, aggiornando nel tempo gli obiettivi in base ai risultati raggiunti e fornendo al Ministro della Salute i dati da presentare annualmente alle Camere.
Sono tutti provvedimenti mirati a rendere centrale l’approccio di genere e costruire un punto di vista qualificato sulla salute di donne e bambine e uomini e bambini, per arrivare all’equità, promuovere l’attività scientifica e di ricerca, sostenere percorsi di diagnosi e cura definiti e orientati nel genere.
Ma anche formare i formatori a tutti i livelli dei percorsi professionali del mondo salute: dalle università agli Ordini Professionali coinvolti nell’aggiornamento.
Non solo, si mira anche a definire procedure per l’inclusione degli aspetti di genere nella raccolta e nella elaborazione dei flussi informativi per definire dei percorsi per lo sviluppo di criteri rivolti alla promozione dei servizi e delle attività sanitarie “sensibili al genere”.
Tutte attività mirate a 4 aree di azione: ricerca, formazione, prevenzione e comunicazione (diffusione della ricerca, delle informazioni semplici e comprensibili a tutti i livelli).
Siamo stati i primi a legiferare su questi temi in Europa ci dice Alessandra Caré, ricercatrice dell’Istituto Superiore della Sanità.
“L’analisi dei percorsi clinici in base alle differenze di genere ci aiutano a identificare marcatori maschili e femminili nella reazione alle terapie, in modo da prevenirne i pericoli, divulgare i dati e le informazioni scientifiche e costruire campagne informative anche per i cittadini e le cittadine” aggiunge.
Nei Piani Regionali vi è grande eterogeneità e, spesso, restano solo sulla carta.
Occorre anche fare rete e diffondere le buone pratiche.